Eravamo in trepidante attesa per questa importante pubblicazione (Nature!) in cui compaiono le firme di due logonner: il solito Quattrociocchi e la nostra social media manager, Anita Bonetti, insieme al team del Center of Data Science and Complexity for Society e con un ringraziamento speciale a Geronimo Stilton e all’ipnorospo. Il tema sono le conversazioni tossiche online.
Che cosa hanno scoperto i nostri eroi? Se siete tra quelli che pensano che l’internet di oggi sia peggio dell’internet di ieri, più tossica e avvelenata da troll e haters dovrete ricredervi di fronte a un dataset di più di 500 milioni di commenti, estratti da piattaforme diverse – Facebook, Gab, Reddit, Telegram, Twitter, Usenet, Voat e YouTube – nell’arco di 34 anni: i pattern di comportamento non sono cambiati e la tossicità dei commenti non è merito di un manipolo di pochi haters che infestano internet, ma è una responsabilità condivisa: prima o poi un commento tossico capita a tutti.
Lo studio nasce dalla volontà di validare la cosiddetta legge di Godwin secondo cui “A mano a mano che una discussione online si allunga, la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler tende ad 1”. Infatti, se è vero che con l’allungarsi delle conversazioni aumenta la probabilità che compaiano commenti tossici, in realtà la tossicità non si trova solo alla fine delle discussioni tra gli individui.
Con l’avanzare della conversazione si riduce il numero degli utenti che partecipano, tuttavia quei pochi sono più attivi e commentano di più. E non è la tossicità della conversazione a far scappare i partecipanti.
“Nonostante piattaforme diverse e relativi algoritmi diversi, nonchè norme sociali diverse, le dinamiche di tossicità – spiega Walter Quattrociocchi – sono sempre le stesse. E questo vale per argomenti di comunicazione online assai differenti tra loro, confermando l’universalità di questo pattern. In più ciò che emerge è che non esiste l’odiatore seriale e ci si avvelena più o meno tutti allo stesso modo su tutti i temi. Ancora – prosegue Quattrociocchi – ciò che emerge, e che è controintuitivo, è che a fronte di una comunicazione tossica in cui cominciano ad apparire commenti pesanti (in grado in teoria di stroncare una conversazione), invece le conversazioni non si arrestano, dimostrando che l’ecosistema dei social ha una forte resilienza alla tossicità. Tutti elementi che uniti alla persistente polarizzazione online – a sua volta profondamente legata alla tossicità del linguaggio, tanto da esserne un fattore predittivo – ci fanno immaginare che le ricadute sulle risultanze elettorali dei prossimi mesi in giro per il mondo potranno essere rilevanti. Ecco perché, come Centro per la Data Science, abbiamo istituito un osservatorio per monitorare l’andamento dei prossimi appuntamenti elettorali a livello globale – Italia, USA, India etc. – così da studiare i pattern delle comunicazioni relative e da comprendere quali delle dinamiche emerse nel nostro studio toccheranno il voto”.
Ma perché le persone partecipano alle discussioni tossiche e perché le conversazioni lunghe tendono ad essere più tossiche? La tossicità non è correlata tanto alla lunghezza della conversazione quanto al grado di controversia che emerge quando persone con opinioni opposte interagiscono nel dibattito. La discussione si fa animata e animosa, l’engagement aumenta, uno reagisce con ostilità, l’altro manifesta disprezzo, la temperatura emotiva si scalda e scattano i commenti tossici. La polarizzazione delle opinioni degli utenti determina l’evoluzione delle discussioni online.
“Il significato della nostra ricerca – continuano gli autori – va oltre la semplice mappatura della presenza di interazioni tossiche online; sottolinea la necessità di approcci più sofisticati per esplorare le dinamiche sociali online. Più specificamente, per quanto riguarda la moderazione dei contenuti, gli approcci devono considerare le complesse dinamiche del coinvolgimento degli utenti e la natura multiforme della tossicità online”.
Uno degli aspetti rilevanti di questa ricerca è la sostanziale coerenza dei comportamenti online nonostante le differenze di piattaforme, argomenti e periodi: il concetto di invarianza diventa cruciale per ricerche future, con un approccio più ampio e unificato alla comprensione del discorso online, svincolato dalle caratteristiche specifiche della piattaforma, con i loro algoritmi e policy di moderazione.
Per approfondire
Avalle, M., Di Marco, N., Etta, G. et al. Persistent interaction patterns across social media platforms and over time. Nature (2024). https://doi.org/10.1038/s41586-024-07229-y